Le categorie del bene e del male sono difficilmente definibili, come lo sono le categorie di normalità e patologia. Nonostante ciò l’uomo ha da sempre
avuto l’esigenza di confrontarsi con queste categorie, dovendo compiere un incessante mediazione tra le esigenze personali e quelle collettive, spesso in antitesi tra loro.
La morale assimila l’aggressività con ciò che è cattivo e l’amore con ciò che è buono: d’altra parte l’aggressività è stata riconosciuta in termini ontologici, cioè presente fin dalla nascita, escludendo la quale si perderebbero i connotati della natura umana. Tuttavia le esigenze delle pulsioni umane urtano costantemente contro le limitazioni imposte dalla nostra società. La contraddizione che ne deriva e il compromesso che ne consegue hanno portato molti studiosi, primo fra i quali Freud, ad interrogarsi sulla natura di tali argomenti, ad elaborarne una comprensione dinamica e a dare corpo al movimento psicoanalitico.
Tali concetti assumono una fondamentale rilevanza nei termini in cui sono considerati fattori eziopatogenetici della malattia mentale, di cui il conflitto
risulta l’elemento psicodinamico rilevante. Questo si realizza come soluzione di compromesso, tra la tendenza della coscienza a tener fede al suo ideale morale e la controtendenza dell’inconscio a tenere fede al suo ideale “immorale”.
Le tendenze pulsionali, pur entrando in conflitto con le richieste ambientali, sono elementi imprescindibili dell’essere umano, funzionali al suo sviluppo
o causa della sua patologia. L’aggressività si caratterizza per molteplici significati adattivi: i comportamenti aggressivi si esplicano su argomenti,
aspetti, interessi della vita quotidiana, che vanno da un piano di realtà ad un piano simbolico, come può essere lo sport e la competizione nei vari campi (economico, del lavoro, etc.).
L’aggressività, quindi, non ha un significato intrinseco di “Patologico”; diventa tale quando il soggetto non riesce più a controllarla, modularla,
adeguarla alle situazioni, a sublimarla in attività creative. In tal caso assume aspetti di stereotipia o impulsività, irrazionalità, ed è agita in azioni
potenzialmente criminali e spesso afinalistiche.
L’aggressività comunque si pone al servizio dello sviluppo della persona, e in tal senso è considerato come meccanismo di difesa, ovvero una procedura psicologica, in gran parte non consapevole cui le persone ricorrono per gestire sentimenti o esperienze dolorose, angoscianti o minacciose (Dazzi, Lingiardi, Gazzillo, 2009).
Ogni individuo possiede, quindi, una certa quota di aggressività che, benché si ponga sempre al servizio della crescita, può manifestarsi in modo
equilibrato consentendo un adeguato adattamento ambientale o in modo disequilibrato determinando un disadattamento.
Di conseguenza, bisognerebbe cercare di capire, individuare e soprattutto controllare, attraverso l’elaborazione di un significato quelle condizioni in cui l’aggressività ed il sentimento di onnipotenza sono funzionali ad un processo di sviluppo individuale, sia quelle condizioni in cui sono disfunzionali a tale sviluppo e portatrici di patologia.